L'economia dell'attenzione (attention economy)

Che cos'è e perchè è importante conoscerla

scritto da CFW il Saturday, November 26, 2022

Con gli amici ma sullo smartphone Image by Freepik

Attention economy

L’economia è lo studio di come gli individui e le società scelgono di allocare risorse scarse, perché scelgono di allocarle in quel modo e le conseguenze di tali decisioni. Parimenti, in un’era di quantità infinite di informazioni a portata di mano (o di smartphone), qual è la scarsità? È l’attenzione, intangibile ma estremamente preziosa. Viviamo nell’era dell’economia dell’attenzione.

L’attenzione è “la capacità di convogliare le risorse mentali su specifici aspetti della realtà in determinati momenti”. La scarsità di attenzione la affrontiamo tutti i giorni, mentre “prestiamo attenzione” a una cosa ne ignoriamo altre. Un po’ come accade con il denaro, ci scambiamo attenzione; adesso stai leggendo questo articolo e probabilmente stai rimandando un altra cosa che devi fare. Ma concentrati, continua a leggere.

Il termine “attention economy” è stato coniato dallo psicologo, economista e premio Nobel Herbert A. Simon, che ha ipotizzato che l’attenzione sia il “collo di bottiglia” del pensiero umano, poichè limita sia ciò che possiamo percepire in ambienti stimolanti, sia ciò che possiamo fare. Citando le sue parole:

«cosa consuma l’informazione è piuttosto ovvio: consuma l’attenzione dei suoi destinatari. Quindi una ricchezza di informazioni crea una povertà di attenzione e la necessità di allocare quell’attenzione in modo efficiente nella sovrabbondanza di fonti di informazione che potrebbero consumarla.»

Verso la fine del 1997, Michael Goldhaber scriveva su Wired che stiamo andando “verso un’economia in cui un numero crescente di lavoratori non è più coinvolto direttamente nella produzione, nel trasporto e nella distribuzione di beni materiali, ma si guadagna da vivere gestendo o trattando informazioni”. Molti la chiamano “economia dell’informazione”, ma se l’informazione in rete non è scarsa, cosa è invece scarsa in quantità e desiderabile? L’attenzione.

Come funziona

Spotify e l’economia dell’attenzione Diverse aziende sono al corrente della scarsità di attenzione e adattano i loro modelli di business per trarne vantaggio. Uno fra tutti, Spotify ha due flussi di entrate: puoi pagare con il denaro per non essere interrotto dalla pubblicità o pagare con la tua attenzione e ascoltare gli annunci tra una canzone e l’altra. Nel libro “Creare prodotti e servizi per catturare i clienti (Hooked)”, Nir Eyal spiega il modello del gancio, un processo in quattro fasi incorporato nei prodotti di molte aziende di successo per incoraggiare sottilmente il coinvolgimento dei clienti e modificarne i comportamenti. Attraverso ripetuti cicli gancio, questi prodotti raggiungono il loro obiettivo finale di portare gli utenti a tornare ancora e ancora, senza bisogno di pubblicità costose o di campagne insistenti.

In un articolo dell’Economist “The scientists who make apps addictive” Eyal afferma:

«Quando sei in dubbio, prima ancora di domandarti perché sei incerto, apri Google. Quando ti senti solo, prima di rendertene conto, apri Facebook. Prima di accorgerti che ti stai annoiando, hai aperto YouTube. Nulla ti dice di fare queste cose. Gli utenti si attivano da soli.»

Solitamente accediamo ad internet con uno scopo ben preciso, per toglierci una curiosità su un termine o cercare informazioni su un argomento. Una volta soddisfatti, normalmente, lasciamo il sito o nemmeno lo clicchiamo, perchè Google - probabilmente avrai usato quello - ci mostra la risposta senza bisogno di aprire il sito.

Diversamente i social media sono progettati per tenerci sulla piattaforma il più a lungo possibile. Quando un contenuto ci piace, su Youtube ci “iscriviamo” al canale, clicchiamo “Mi Piace” su Facebook, “Segui” su Twitter e così via. Da lì in poi nei nostri feed appariranno i loro ultimi post, le loro ultime foto di Instagram, etc. Chiunque può aprire un account sui social media e pubblicare i propri pensieri, video e foto che hanno il potenziale di poter essere visti da milioni di persone. E proviamo piacere nel ricevere riscontri positivi sottoforma di “Mi Piace”, “cuoricini” e commenti. Questo accresce il desiderio di attirare quanta più attenzione, risorsa però disponibile in quantità limitate. Infine le piattaforme di social media ci propongono infiniti stimoli attraverso foto, hashtag, anteprime dei video e così via e quasi sicuramente attireranno la nostra attenzione. Parimenti ti troverai a scorrere all’infinito su una piattaforma, il classico mindless scrolling, lo scorrere distrattamente e una volta consumato un video, ne guarderai un altro che viene riprodotto automaticamente e il tempo scorre senza che te ne accorgi. Il fatto è che concentrando la tua attenzione sullo smartphone, rinunci ad altre opportunità.

I possibili danni

È arduo quantificare l’impatto economico e sociale che hanno i siti che lucrano sulla nostra attenzione. Come scrivono gli economisti Stefano DellaVigna (UC Berkeley) e Eliana La Ferrara (Università Bocconi), è necessario considerare non solo gli effetti diretti dell’esposizione ai social media, ma anche lo spiazzamento di altre attività, noto come effetto di sostituzione. Le soap opera hanno svolto un ruolo importante nell’abbassare i tassi di fertilità in un paese con una fertilità molto elevata come il Brasile. E per quanto ne sappiamo non sono stati esplicitamente progettati per provocare un cambiamento sociale.

Fondamentalmente, invece di acquisire conoscenza traendo vantaggio dagli strumenti digitali, siamo intellettualmente costipati ​​perchè non riusciamo a scremare via la spazzatura dalla quantità di informazioni che riceviamo. Di conseguenza, siamo collettivamente più saggi, in virtù del fatto che possiamo accedere a tutta la saggezza del mondo in pochi clic, ma individualmente più ignoranti, perché ci mancano il tempo, l’autocontrollo o la curiosità per farlo.

Inoltre quando vieni interrotto, è incredibilmente difficile riacquistare la concentrazione iniziale. La professoressa di informatica della UC Irvine, Gloria Mark, in un intervista rivela che ci vogliono in media 23 minuti e 15 secondi per tornare concentrati.

Nell’economia dell’attenzione potrebbero esserci anche degli impatti psicologici. Anche se è troppo presto per rilevare effetti significativi della tecnologia sul nostro cervello, è plausibile immaginare che si verificheranno effetti a lungo termine. Come scrive Nicholas Carr in Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, l’esposizione ripetuta ai media online richiede un cambiamento cognitivo da un’elaborazione intellettuale più profonda, come il pensiero concentrato e critico, a rapidi processi con il “pilota automatico”, come lo skimming (leggere selettivamente ma superficialmente), spostando l’attività neurale dall’ippocampo (l’area del cervello coinvolta nel pensiero profondo) alla corteccia prefrontale (la parte del cervello impegnata in processi rapidi e inconsci). In altre parole, stiamo barattando la velocità con l’accuratezza e diamo la priorità al processo decisionale impulsivo rispetto al giudizio deliberato.

Alcuni studiosi hanno una visione fatalistica sul tema, in particolare sulla nostra incapacità di valutare il danno a lungo termine che l’economia dell’attenzione avrà sulle nostre menti. Il professore di psicologia David Meyer, in un’intervista, lo paragona al periodo d’oro dell’industria del tabacco:

«Le persone non sono consapevoli di cosa sta accadendo ai loro processi mentali, nello stesso modo in cui le persone anni fa non potevano guardare nei loro polmoni e vedere i depositi residui».

Ti ringrazio per l’attenzione che mi hai concesso.